La Chiesa di Santa Maria dell’Alto
E’ quanto ancora resta dell’antica e gloriosa presenza dei brasiliani a Felline.
Verso il IX – X secolo, infatti, anche sul nostro territorio si erano insediati i bizantini e parlavano la lingua greca. L’Abate De Epifanis, nel 1412, definì il territorio di Felline “terra grecorum”.
La Serra dell’Alto, più propriamente denominata “Calaturo”, con le sue sterminate boscaie, i suoi anfratti e le distese macchiose, era facile dimora per i monaci basiliani. Con l’avvento, poi, della libertà religiosa i monaci uscirono dalle caverne e dalle cripte sotterranee e cominciarono a coltivare la terra e costruire vere e proprie chiesette dove si riunivano per la preghiera e per la celebrazione dei divini misteri.
Già dal 1456, una bolla di Mons. De Pennis, conferiva l’Abbazia di S. Maria dell’Alto ad un certo fra Benedetto Polo da Nardò. E la serie degli Abati continuò ininterrottamente fino al 1764, quando troviamo un nuovo Abate nella persona di Don Oronzo De Marco da Casarano.
Il tempietto di Santa Maria dell’Alto è in aperta campagna, situato sulla sommità più alta dell’ultima striscia delle Serre Salentine. Fu costruito intorno al Mille, probabilmente dopo che Niceforo Foca aveva permesso l’uso del rito greco n tutta la Provincia di Terra d’Otranto.
All’interno sono preminenti le caratteristiche di una chiesa rupestre, di semplice fattura. Disposta con asse longitudinale Est-Ovest, ha il consueto ingres-so a ponente e misura nel suo insieme m.7.10 X 16.60, unica nave coperta a botte.
Accanto, ma non comunicante con la chiesa esiste un vano aggiunto, coperto anch’esso a botte, che serviva come dimora per l’Abate.
Nell’interno della Cappella, sul lato destro entrando si trova un altare con sopra, dipinto sul muro, la Madonna seduta e con sulle ginocchia il santo Bambino benedicente. La tradizione vuole che la cappella, così come è attualmente, sia stata costruita per devozione di un ricco mercante scampato miracolosamente dalla tempesta per intercessione della Madonna.
Ciò avvenne nel 1577.
Di fronte, sul muro centrale, c’è un affresco absidale in stile rinascimentale raffigurante la SS. Trinità, di stile bizantino e in discreto stato di conservazione. Si ignora l’autore, ma la sua fattura e le sue grandi dimensioni sono una chiara testimonianza di quanto le tre divine Persone stavano a cuore ai primi cristiani.
Con le operazioni di restauro effettuate nel 2005 si è stati costretti a portare l’altare principale sul muro centrale e formare un tutt’uno con l’affresco della Santissima Trinità ed eliminare quello laterale perché l’affresco della Madonna, coperto di calcina, continuava fin sotto l’altare.
Per finire, va annotato che in fase di restauro, sono venuti alla luce anche i committenti dell’affresco, ritratti in piccolo, sul lato sinistro del quadro. Essi sono Camillo e Porsia della famiglia baronale dei Tolomei e Don Lucio Sessa, nominato Cappellano dell’Abbazia, dal Vescovo di Nardò Mons. Cesare Bovio proprio nel 1577.
La festa liturgica, che anticamente veniva ricordata la domenica in Albis, con la riforma del calendario liturgico, è stata inserita al lunedì della seconda domenica di Pasqua, lasciando invariato alla domenica il tradizionale pellegrinag-gio sulla collina con il simulacro della Madonna.
Nota – Si possono usare tutte o in parte le notizie su Felline, qui riportate, ma mai perdonerò colui o coloro che useranno queste notizie senza avere l’onestà morale di citare la fonte da cui sono state attinte. A tutti cordiali saluti Sac. Giovanni Cartanì