Allistini illustri
Gargante Nicola (1415)
È il primo allistino di cui si conosca il nome. Nel 1415 in qualità di sindaco condusse le trattative col barone Buzio de Senis, che si conclusero con la firma di un patto nel quale si concedevano gratiae, immunitates, franchitiae et libertates all’Universitas Allistina.
Francesco Antonio Mastroleo (1624-1709)
D. Francesco Antonio Mastroleo fu arciprete di Alliste dal 1675 al 1701.
Ne1 1679 fece costruire, nel transetto destro della Chiesa Parrocchiale (l’attuale chiesa di San Giuseppe), una cappella con il relativo altare dedicato alIa Madonna del Carmine: fece anche eseguire dal pittore Niccolò Romano la grande tela della Vergine che sovrasta l’omonimo altare. Il quadro reca, in basso a destra, il ritratto del committente racchiuso in un ovale.
Per realizzare quest’opera l’arciprete Mastroleo dovette stipulare, come risulta dall’atto redatto il 1° gennaio 1679 dal notaio Vito Antonio Cortese, una convenzione con l’Universitas (l’Amministrazione Comunale del tempo), che allora era retta dal sindaco Antonio Coi. Gli amministratori tennero pertanto «conclusione, recimento publico e fu concluso dalla maggiorparte d’huomini compatrioti di detta Terra unanimiter pari voto nemine discrepante» di concedere, per la somma di trenta ducati, l’autirizzazione a costruire la cappella.
Con tale somma gli amministratori speravano di poter finalmente portare a termine la ricostruzione della Chiesa Matrice di San Salvatore, i cui lavori, iniziati nell’ormai lontano 1620, procedevano lentamente a causa delle difficoltà finanziarie dell’Universitas. Durante il restauro il SS. Scramento era stato trasferito nella Chiesa di San Quintino, che si trovava fuori dalle mura ed in aperta campagna. Questo fatto faceva stare in ansia la popolazione perché poteva «succedere bisogno di notte tempo, o pure di giorno dell’amministratione de’ Santissimi Sacramenti e per la lontananza della Chiesa potria pericolare qualche anima christiana, e magiormente perché Christo Signor nostro sta rimesso in casa d’affitto, et in una campagna, cosa veramente molto disdicevole al culto di S. D. Bontà».
Don Francesco Antonio Mastroleo lasciò in beneficenza tutti i suoi beni: una parte la donò all’Ospedale di San Quintino e con l’altra fondò l’Opera Pia del Carmine.
Mastroleo Quintino (1683-1781)
Abate e maestro di Belle Lettere nel seminario di Nardò.
Fu cappellano dei conti De Tomasi e precettore di Filippo Maria Briganti di Gallipoli, uno dei maggiori illuministi salentini. Tradusse tutte le opere di Livio e di Virgilio, scrisse e lasciò inediti i Trattati di Retorica ed un dramma in versi sul Martirio di San Quintino, che è stato pubblicato postumo nel 1890.
Di lui hanno scritto:
«Fu ottimo maestro di Belle Lettere nel seminario di Nardò sotto M. Fimiani celebre canonista; scrisse e lasciò inediti i Trattati di Retorica che insegnava; legò i suoi beni all’ospedale di San Quintino» (G. Arditi);
«Nella sua epoca sembrava un genio del secolo di Augusto … oltre ai tanti giovani frequentatori della di lui scuola [vi fu] Filippo Maria Briganti [che] … sotto di lui percorse i sentieri del greco e del latino, e studiò Rettorica e Geografia.
… del molto che il Mastroleo scrisse, or si trova qualche frammento delle traduzioni fatte a tutte le opere di Tito Livio e di Virgilio, e da ultimo un dramma in versi sul Martirio di San Quintino» (C. Del Tufo).
Giuseppe Vito Venneri (1736-1823)
«Nacque ad Alliste nel 1736. Fu ottimo filosofo e medico reputatissimo. Amico dei celebri medici Presta di Gallipoli e Bellisario di Parabita, n’ebbe quasi pari la fama.
Non so dire però dei suoi Scritti.
Morì nel 1823, compianto dall’universale» (C. Villani).
Francesco Basurto (1800-?)
«Dei duchi di Racale, versato nelle lettere amene, valente giurista, poeta vivace. Insegnò diritto civile in Trani con onore e successo; e così esercitò l’avvocatura: fu inoltre sindaco più volte e consigliere Distrettuale e Provinciale. Nacque l’11 maggio 1800» (G. Arditi).
Ferilli Salvatore (1809-1880?)
Medico chirurgo esercente a Napoli. Nel 1850 fu nominato chirurgo di corte dai Borboni e venne confermato in tale incarico dai Savoia nel 1878. Per i suoi meriti professionali nel 1849 ricevette la nomina a Cavaliere dell’ordine di Francesco I dal re Ferdinando II di Napoli; nello stesso anno fu decorato dell’Ordine di San Gregorio Magno dal pontefice Pio IX e nel 1872 dell’Ordine della Corona d’Italia dal re Vittorio Emanuele II.
Venneri Quintino (1836-1866)
Fu il più noto capobanda locale durante il periodo del brigantaggio, che esplose subito dopo l’unità d’Italia, quale reazione violenta delle masse contadine meridionali nei confronti del processo unitario che ne aveva deluso le speranze e peggiorato ulteriormente le condizioni di vita.
Quintino organizzò una propria banda che giunse a contare 24 affiliati. Fu autore di furti, rapine, grassazioni, incendi, assalti a caserme e carceri, distruzione degli stemmi dei Savoia, scontri con le forze dell’ordine, omicidi (fece soprattutto scalpore quello del sacerdote “liberale” don Marino Manco di Melissano).
La storiografia recente ha in gran parte ribaltato le interpretazioni tradizionali, che consideravano il Brigantaggio come un fenomeno di delinquenza comune o come la risposta reazionaria di cattolici e borbonici all’unificazione italiana.
Oggi si vede in esso l’espressione del malessere delle masse contadine meridionali, le cui condizioni peggiorarono ulteriormente dopo l’Unità d’Italia. Essendo precluse, a causa del suffragio elettorale ristretto, le vie parlamentari, la protesta assunse forme violente e illegali, per reprimere le quali l’esercito condusse una lotta senza quartiere contro quella che fu una vera e propria guerra di contadini, l’unica guerra sociale che abbia mai avuto l’Italia.
Del resto prettamente politica e sociale era l’imputazione rivolta al brigante Quintino Venneri, nel processo che ebbe inizio il 17.1.1864. Quintino era infatti accusato di aver organizzato una banda armata diretta a
• «perpetrare la strage e il saccheggio per cambiare, e distruggere la forma di governo, ed invitare i regnicoli ad armarsi contro i poteri dello Stato;
• portare la devastazione, la distruzione e il saccheggio contro una classe di persone».
Quintino riuscì ad evadere dal carcere durante il processo, ma poi il 24.7.1866 morì in un conflitto a fuoco con le forze dell’ordine.
Scarlino Pietro (1855-1902)
Forse il sindaco di più alto sentire che abbia avuto Alliste. Sia da sindaco che da avvocato difese a lungo i diritti degli allistini contro gli usurpatori delle terre demaniali. Nel 1900 ha pubblicato l’Estratto dei titoli..., che, oltre ad essere un’accurata ricostruzione della questione demaniale ad Alliste e Felline, è anche uno specchio della generosità e dei fieri sentimenti civici che lo animarono.
Casto Salvatore (1853-1936)
Sacerdote ed insigne latinista. Di lui rimangono numerosi scritti inediti, tra cui esametri e distici latini. La sua biblioteca comprendeva non meno di quattromila volumi, la maggior parte dei quali rilegati in pelle.
Panico Cosimo (1856-1936)
Capolega. Nel primo dopoguerra organizzò le lotte contadine, che culminarono nel 1921 con l’occupazione del Comune ed il sequestro del sindaco e di alcuni amministratori. L’occupazione ebbe termine con la firma del Patto Agrario, al quale sino ad allora si erano opposti i latifondisti locali.
Luigi Vergari (1871-1949)
I Vergari allistini hanno origine col dottor BONAVENTURA da Nardò, che nel 1861 si trasferì ad Alliste per assumere l’incarico di medico condotto. Bonaventura apparteneva a un’antica famiglia di medici, originaria di Nardò, ove già suo padre Vincenzo e il nonno Bonaventura avevano esercitato la professione medica e dove la Biblioteca Comunale e intitolata al prozio Achille Vergari (1791-1875), Professore di Medicina all’Università di Napoli e Segretario Generale del Protomedicato del Regno di Napoli.
Ad Alliste sposò Filomena Ferilli, figlia di Donato, già medico condotto di Alliste, e nipote del dottor Salvatore. Dal matrimonio nacquero dodici figli e, tra i sopravvissuti, solo il primogenito Salvatore (bz. 1865) non mostrò interesse per la medicina, preferendo dedicarsi all’insegnamento nella scuola elementare.
Il secondogenito Donato (1867-I949) seguì invece la tradizione familiare e, dopo aver conseguito la laurea in Medicina, è stato medico condotto a Gagliano del Capo per 57 anni. Vincenzo (1882-1955) ha esercitato la professione di veterinario ed ha partecipato attivamente alla vita politica del paese ricoprendo la carica di Sindaco (1910, 1920-1925), di Podestà (1931-1937) e di Commissario Prefettizio (1943-1945). Anche Achille (1875-1953) ed Ernesto (1885-1967) conseguirono la laurea, l’uno in Medicina e l’altro in Chimica e Farmacia.
Il più illustre dei figli di Bonaventura e stato senz’altro LUIGI (1871-1949). Nel 1890 si iscrisse alla facoltà. di Medicina e Chirurgia presso l’Università di Napoli, dove si laureò brillantemente nel 1896. Tornato ad Alliste, divenne, io seguito a pubblico concorso, medico condotto di Felline e poi di Alliste e Felline.
Per ben quarantotto anni ha servito umilmente e con onore le popolazioni dei due centri, offrendo loro i frutti della sua scienza, l’onestà del carattere e la franchezza dell’amicizia. La grande disponibilità, la concezione missionaria della professione, unite alla preparazione scientifica, hanno fatto di lui il prototipo del medico condotto. Quando entrava nella casa di un malato, vi era sempre un sorriso sul suo volto e quel sorriso era il primo farmaco per il paziente, che cominciava a sperare nella guarigione. Egli non curava solo il corpo infermo, ma anche lo spirito e per il paziente povero era sempre aperta, ma con discrezione, la sua borsa.
Durante la Grande Guerra fu un secondo padre per gli orfani di guerra, proteggendoli e soccorrendoli nelle dure necessità della vita come Presidente del Comitato pro orfani di guerra.
Nel 1919 in tutta Europa imperversava la Spagnola, una pandemia influenzale che, fra il 1918 e il 1919, ha provocato la morte di 50 milioni di persone. Il dottor Vergari, sfidando il pericolo del contagio, giorno e notte fu al capezzale dei malati e, per svolgere più liberamente la delicata e pericolosa missione, si allontanò per ben sei mesi dalla famiglia e dai figli in tenera età. Grazie pero alla metodica medica personale e all’indefesso lavoro di Don Luigi, i morti ad Alliste, a differenza dei paesi limitrofi, sfiorarono appena il 2% della popolazione.
Questo dato, assieme alle benemerenze della sua attività professionale, umanitaria e filantropica, gli è valso nel 1925 il conferimento, da parte di S. M. il re Vittorio Emanuele II, della nomina a Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia.
Gregorio De Simone
Un allistino alle Quattro Giornate di Napoli
Arruolatosi volontario, trascorse a Roma i primi mesi del 1943 per partecipare al corso degli Agenti di Pubblica Sicurezza.
Il 5 aprile 1943, al termine del corso, l’Agente di Pubblica Sicurezza Gregorio De Simone viene trasferito da Roma a Napoli presso il IV Battaglione Mobile di Polizia. È il crollo delle illusioni: Napoli è una città ferita, dilaniata dalla guerra e dai bombardamenti. A differenza di Roma, dichiarata peraltro “città aperta” dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, Napoli, sin dall’inizio del conflitto, era stata continuo bersaglio dell’aviazione anglo-americana, che causò non meno di 20.000 vittime. Nel solo nel bombardamento del 4 agosto 1943 perirono circa 3.000 persone, che andarono ad aggiungersi alle 2.000 decedute a fine marzo dello stesso anno per lo scoppio di una petroliera ormeggiata nel porto: in quella circostanza fu ferito mortalmente l’allistino Giuseppe Venneri di Pasquale, studente al quarto anno di Medicina, che prestava servizio volontario in Sanità presso l’Ospedale Militare di Napoli.
Il 30 settembre 1943 Gregorio si trovava di pattuglia con un commilitone: era quello il quarto giorno dell’insurrezione di Napoli contro i tedeschi e dappertutto barricate, rastrellamenti, atti di sabotaggio, cecchini, imboscate io una spietata caccia all’uomo. Al passaggio di un camion militare tedesco, non esitò a far fuoco contro l’autista che rimase freddato sullo sterzo. Si portò poi nella parte posteriore dell’autocarro per veder se ci fossero altri tedeschi, ma improvvisa, da dietro il telone che ricopriva il cassone, lo investì una raffica di mitra e Gregorio, fatti alcuni passi, si accasciò esanime sul marciapiede. Non aveva ancora vent’anni (1924-1943).
Il 12 novembre 1945 la Direzione Generale della PS ha conferito alla Guardia di PS De Simone Gregorio l’ATTESTATO DI BENEMERENZA ALLA MEMORIA con la seguente motivazione:
Con impeto giovanIle, aderendo prontamente al movimento insurrezionale di Napoli contro Il tedesco oppressore, combatteva valorosamente a fianco dei patrioti delle Quattro Giornate. In una decisa azione, cadeva sotto Il piombo nemico offrendo in olocausto la vita per la patria.
Aldo Cutrupia
Primo Presidente Onorario della Corte di Cassazione
Cavaliere di Gran Croce
Pur se Aldo è nato e vissuto quasi sempre a Roma (11.10.1910 - 08.01.1997), le sue radici sono allistine: allistina era la madre Chiara e allistino il fratello Antonio, ingegnere e Capitano degli Autieri, al quale è stata dedicata la via Cutrupia, per esser rimasto vittima del fuoco tedesco a Torino nei giorni della Liberazione. Né mai, però, Aldo ha reciso le sue radici e, da giudice, ritornava ogni anno dai genitori ad Alliste per il periodo delle ferie, che trascorreva nel settecentesco Palazzo Maggio in piazza San Quintino e nel villino di Torre Sinfonò, costruito a fine Ottocento dal nonno, lo scalpellino Antonio Rizzo.
Conseguita la laurea in Giurisprudenza, è entrato in Magistratura ed è stato dapprima Giudice a Perugia, quindi presso il Ministero di Grazia e Giustizia a Roma divenendo in seguito, sempre a Roma, Consigliere di Corte d’Appello. Dal 1956 è stato Applicato presso la Corte di Cassazione, dopo è divenuto Consigliere di Cassazione e infine Presidente della Sezione Lavoro della Corte di Cassazione, andando in pensione con il grado di Primo Presidente Onorario della Corte di Cassazione.
Dopo la seconda guerra mondiale, ha fatto patte della ‘Commissione Italiana’ che ha stipulato i trattati di pace con la Jugoslavia e l’Unione Sovietica. Quell’esperienza è poi confluita nel volume Mosca e Belgrado viste da un magistrato (pubblicato con lo pseudonimo Ulpio Tudarca, anagramma di Aldo Cutrupia), una monografia critica verso i regimi dell’Est ma ricca di umanità nel descrivere usi, costumi e condizioni di vita delle popolazioni locali.
A coronamento di una vita volta alla rigorosa amministrazione della Giustizia, per l’alto senso delle Istituzioni e l’intensa attività di Giurista il primo marzo 1982 gli è stata conferita dal Presidente della Repubblica la nomina a Cavaliere di Gran Croce, dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, che è la massima onorificenza della Repubblica Italiana.
Documento redatto a cura dello storico Prof. Antonio Pizzurro