Storia di Alliste
Situata nel basso Salento, Alliste si colloca nella valle compresa tra la dorsale centrale e quella occidentale delle Serre Salentine e comprende anche le frazioni di Felline, di Capilungo e Posto Rosso.
L’area collinare, formata da compatti calcari mesozoici, raggiunge la massima altitudine in località Madonna dell’Alto (86 m. slm). e degrada dolcemente verso il mar Ionio con una linea di costa bassa e rocciosa.
La fascia pianeggiante è invece costituita da formazioni più recenti, le Calcareniti del Salento e le Formazioni di Gallipoli, costituite da sabbie argillose. Dal sostrato roccioso dipendono i vari tipi di terreno, dei quali i più diffusi sono quelli argillosi e le terre rosse, mentre occupano un’estensione ridotta le terre brune ed i terreni tufacei.
Il suo territorio si estende per 23,47 km² e confina a nord con il comune di Racale, ad est e a sud con il comune di Ugento e ad ovest con il mare Ionio.
La popolazione per secoli è oscillata intorno alle 500 unità e solo a partire dalla fine del XVIII secolo è cominciata rapidamente a crescere, raggiungendo la massima espansione demografica nel trentennio 1921-50. In seguito il numero degli abitanti si è normalizzato intorno alle 6000 unità, mentre quelli della frazione di Felline intorno alle 1500: al 31/12/2013 i suoi abitanti erano 6.685 (M 3.176, F 3.509), compresi i 1.491 abitanti di Felline
Dalle origini al XVIII sec.
Secondo la tradizione orale, Alliste deve la sua origine ad un gruppo di profughi che, fuggiti da Felline, incendiata dai Saraceni, fondarono un nuovo paese, a cui diedero il nome di Alliste, in ricordo delle ali con cui un angelo li avrebbe avvolti durante la fuga rendendoli invisibili ai nemici.
Alla base della leggenda vi sono alcuni elementi reali: le incursioni saracene, frequenti nella zona tra il IX e il X sec., il culto dell’angelo (un cherubino o San Michele Arcangelo) e la posteriorità di Alliste rispetto a Felline.
Gli abitanti di Alliste ebbero inoltre il soprannome di Argerini e c’è chi, partendo da questo epiteto, ha supposto la presenza in Alliste di un gruppo di Algerini e chi ha ipotizzato che Alliste “ebbe da Alì, duce dei Saraceni, tale nome”. Più probabilmente il nomignolo ha esclusivamente il significato metaforico di ‘barbari, violenti’.
Di Alliste non si parla nel documento del 1190 con cui i feudi di Racale e Felline furono assegnati da Tancredi d’Altavilla al barone Guglielmo Bonsecolo: l’ingresso ufficiale di Alliste nella storia avviene il 14 settembre 1275 quando il re Carlo I d’Angiò confermò al barone Guglielmo Pisanello i feudi paterni, tra cui figurava appunto Alliste.
La creazione del casale si colloca nell’ambito delle opere di bonifica e colonizzazione delle terre incolte verificatesi sotto il dominio normanno ed i baroni Bonsecolo si avvalsero probabilmente della collaborazione dei monaci dell’abbazia della Madonna dell’Alto e di coloni greci già insediati nel Salento.
Sull’originaria provenienza degli abitanti non si possono avanzare che delle ipotesi, ma è indiscutibile che fossero greci o che lo fosse gran parte di loro, così come greco era il rito religioso protrattosi ad Alliste sino al XVI secolo: la prima sede parrocchiale ad Alliste era infatti dedicata a San Sergio e nel suo altare si conservava ancora nel 1618 un’iscrizione greca.
Nel 1325 la tassa delle “collettorie” e nel 1373 quella della “decima” veniva pagata dai protopapi (una dignità della Chiesa greca).
Il territorio, in un documento del 1412, veniva definito Terra Graecorum, ovvero “Terra di Greci” e santi di origine bizantina erano i titolari di altre chiese censite nella visita pastorale del 1452.
La forma dialettale del nome, Caḍḍiste, da calliste (aggettivo che sottintende ghe ‘terra’) deriva dal greco Καλλίστη ‘la bellissima’, nel senso di fertile, favorevole, adatto ad esser popolato.
L’etimo per altri studiosi sarebbe invece da ricondurre alla radice pre-indoeuropea kal (variante: gal) equivalente secondo alcuni a ‘luogo recintato e adibito a custodia umana, di animali o di altri beni’ e secondo altri a ‘pietra, zona pietrosa’, radice che compare in altri toponomi salentini quali Gallipoli, Calimera, Galagnano.
Fino al 1378 i pochi documenti accennano ad Alliste come Casale, in seguito si parlerà di Terra, ossia di centro provvisto di perimetro murario.
Le mura, che comprendevano anche un fortellicium, avevano un andamento planimetrico regolare e di forma rettangolare.
Avanzi delle mura possono ancora individuarsi in via Roma; altri devono essere stati inglobati nei muri nord ed est dell’Antica Parrocchiale, ora chiesa di San Giuseppe, e dai palazzi settecenteschi che si affacciano su via Piazza. Alla Terra, prima degli sventramenti degli Anni Cinquanta e Sessanta, si accedeva da quattro ingressi a due a due opposti: la porta principale, dove vi era il Seggio, fu demolita nel 1972 per poter costruire il “Monumento ai Caduti”. La via di Mezzo divideva da nord a sud l’abitato e l’unico largo era quello di fronte alla chiesa parrocchiale.
L’ortogonalità dell’impianto della Terra, il nucleo urbano originario, testimonia di una fondazione derivata da un preciso piano di colonizzazione e di sfruttamento del territorio, piuttosto che di una formazione spontanea. L’abitato, inizialmente citato come Casale, a partire dal 1378 viene considerato una Terra, ossia un centro protetto da una cinta muraria[12].
Nel 1415 la comunità rappresentata dal sindaco Nicola Gargante, ottenne dal feudatario, Puccio Tolomei de Senis, alcuni diritti e libertà.
Nella prima metà del Quattrocento gli Allistini, ritenendosi per sua intercessione liberati dal pericolo della peste, scelsero come patrono San Quintino e nel 1455 venne inaugurata dedicata al nuovo patrono l’omonima chiesa contenente sulla sua facciata un’epigrafe bilingue (in greco ed in volgare). Nel 1573 viene citata ancora l’esistenza di un sacerdote di rito greco, ma in una lettera del 1585 del cardinale Alessandrini al vescovo di Nardò si raccomandava la soppressione ad Alliste del culto di rito greco, non essendo più la lingua intesa dalla maggior parte della popolazione.
La crescita della popolazione spinse all’espansione del nucleo abitato anche all’esterno delle mura, in particolare sulla via che collegava Alliste con la via Publica, la strada subcostiera che collegava il porto di Ugento a quello di Gallipoli: nel territorio allistino tale strada assumeva la denominazione di Via Longa e di Via Vecchia Gallipoli.
In seguito alla costituzione del Borgo esterno alle mura, il centro cittadino si venne spostando in corrispondenza dell’attuale piazza del Municipio, denominazione subentrata a quella antica di Publica Platea.
Alcuni di questi edifici extraurbani ebbero sistemazioni atte alla difesa, come feritoie e caditoie. Le case del Borgo erano prevalentemente abitazioni del tipo della casa a corte, con copertura incannata (con cannizzi e tegole) o lamiata (con volte a stella o a botte).
Tra il XVII e il XVIII alle case si aggiunsero una serie di palazzi signorili (quelli delle famiglie Vaglio, Macagnino, De Tommasi, Venneri, Ferilli-Anastasia, Maggio e Vergari).
IL CATASTO ONCIARIO DEL 1745
Il censimento delle proprietà mediante la compilazione dei catasti fu un’operazione che nel Settecento impegnò in Italia ed in Europa diversi Stati e fu un’opera di innovazione tecnica e tributaria ed insieme di lotta politica.
L’adozione di un catasto basato sul principio dell’uguaglianza, della proporzionalità e dell’universalità dell’imposta veniva necessariamente a contestare l’idea stessa e la pratica, tipicamente feudale, della proprietà intesa come concessione, con tutte le immunità ed i vincoli ad essa connessi. Il catasto, limitando l’entità delle esenzioni, veniva di conseguenza a ridurre il potere del clero e della nobiltà ed in prospettiva ad annullarlo del tutto.
Con il dispaccio reale del 4 agosto 1740 Carlo VII di Borbone ordinava la formazione del Catasto Generale detto Onciario, perché i beni vi venivano valutati in base all’oncia, un’antica moneta di conto, l’oncia, che nel 1749 venne pure effettivamente coniata.
In ogni Università il sindaco ed alcuni eletti furono preposti all’esecuzione dell’opera, il cui primo atto prevedeva la pubblicazione del bando, con cui si illustravano i principi generali della riforma tributaria e si ordinava ai cittadini di compilare la rivela. In essa ogni Capofuoco (capofamiglia) doveva indicare il nome, l’età, il sesso ed il rapporto di parentela dei componenti il fuoco (cioè la famiglia), nonché i dati degli eventuali conviventi e domestici. Il Capofuoco doveva inoltre denunciare i beni immobili, gli animali posseduti, i censi enfiteutici ed affittativi, le decime versate o riscosse, gli eventuali crediti e debiti ed in genere tutto ciò che fosse produttivo di reddito.
Non si posseggono notizie sicure, ma si può stimare intorno a 80 unità, corrispondenti al 17,24% della popolazione, il numero degli allistini che sfuggirono all’accertamento catastale.
Il XIX e XX secolo
Nel 1799 giunsero fino ad Alliste gli echi della Rivoluzione Napoletana ed i Giacobini Allistini guidati dal Governatore della “Terra” Giuseppe Rizzo, e dall’arciprete Giuseppe Marrocco, vi impiantarono l’ ALBERO DELLA LIBERTÀ, con l’obiettivo di abbattere il regime borbonico e introdurre ad Alliste la democrazia, come da poco era successo a Napoli con la Repubblica Partenopea e in altri centri di Terra d’Otranto.
I naturali (cioè gli abitanti del paese) guardavano con scettica curiosità le coccarde tricolori e l’albero della libertà innalzato in piazza, senza tuttavia farsi coinvolgere nel tentativo insurrezionale, benché minacciati di fucilazione se non avessero aderito al nuovo Governo Repubblicano. La mancata partecipazione popolare condannò al fallimento l’effimero moto rivoluzionario, che si concluse poco dopo con l’arresto del Governatore e ‘l’informazione giuridica’ dell’Arciprete.
La questione demaniale e le lotte contadine
Le terre demaniali, di proprietà collettiva e liberamente accessibili, ricoprivano il 70% del territorio del territorio e si estendevano sull’area collinare tra la base della serra ad est ed il mar Ionio ad ovest.
Essendo di tipo universale, cioè di proprietà dell’Università (così era detto il Comune in età medievale), gli Allistini vi si potevano recare liberamente per far pascolare i greggi, per cacciare, per produrre calce e carboni, per raccoglier legna ed altro ancora.
Le sue terre, dietro il pagamento di un canone annuo, potevano esser concesse ad enfiteusi per attività connesse allo sfruttamento silvo-pastorale o per costruirvi delle masserie, che nel numero di cinque vennero censite nel Catasto Onciario di Alliste del 1745.
Intorno alle terre demaniali si è svolto nel corso del Settecento un intenso dibattito tendente a sottrarle all’uso collettivo e a recintarle, dando così inizio ad una complessa ristrutturazione fondiaria, che ha avuto però esiti contraddittori e contrastanti. Il movimento delle enclosures si diffuse ben presto dall’Inghilterra in tutta l’Europa, sulla spinta anche dei teorici della fisiocrazia, la scuola di pensiero economico che poneva l’agricoltura alla base di ogni attività.
Al pensiero dei fisiocrati si ispirarono anche le società agrarie, la pubblicistica e gli illuministi meridionali e salentini in (cfr. in particolare i Pensieri economici relativi al Regno di Napoli di Giuseppe Palmieri (1721-1793), marchese di Martignano, che fu dapprima membro e poi Capo del Consiglio delle Finanze).
Nel 1806 venne varato dai Legislatori Francesi il processo di privatizzazione di queste terre, con l’obiettivo di destinarle ai nullatenenti ed ai piccoli proprietari: si verificò invece un’affannosa ed impari corsa all’accaparramento di tali terre, il cui possesso, dopo l’Unità d’Italia, venne legalmente riconosciuto con l’espediente delle Conciliazioni: se è vero che la sanatoria venne applicata sia alle piccole che alle grandi usurpazioni, è anche vero però che i latifondisti si erano impossessati di terre che dal legislatore erano state originariamente destinate ai nullatenenti ed ai piccoli proprietari.
Connesse alla questione demaniale ci furono ad Alliste numerose occupazioni delle terre demaniali da parte dei contadini, come quelle del 1831 e del 1838, e le sommosse del 1848, durante le quali si chiedeva, accanto alla clusione delle terre del demanio, anche la divisione dei latifondi signorili e l’abbattimento della monarchia borbonica .
Le conciliazioni postunitarie avevano indubbiamente impresso una svolta, ma rimanevano aperte molte vertenze ed i processi, allora come adesso, si protraevano stancamente e non se ne intravedeva la fine. Si giunse così alla violenta agitazione dell’agosto del 1879, quando circa duecento contadini, invasero le terre della Masseria Stracca mettendosi a dissodarle e a dividerle: all’occupazione fece seguito il massiccio intervento delle forze dell’ordine che operarono immediatamente sessantacinque arresti ponendo fine al moto contadino.
In seguito a questa operazione, l’Amministrazione Comunale di Alliste conferì la cittadinanza onoraria al Sottoprefetto di Gallipoli A. Tiscornia per aver riportato l’ordine nelle campagne allistine .
Nuove agitazioni contadine si verificarono agli inizi del 1921 (con l’occupazione della sede del Municipio e il sequestro del Sindaco conclusasi la stipula di un contratto agrario tra i latifondisti ed i rappresentanti della Lega Contadina), nel 1945 per la mancanza di pane, e quelle del 1963 e del 1979 legate al crollo speculativo del prezzo delle patate.
L’economia allistina, di tradizioni prettamente agricole, ha subito nell’ultimo ventennio un intenso processo evolutivo, che ha portato all’introduzione di nuove colture specializzate (soprattutto in campo orticolo e floricolo), al consolidamento di altre (olivo e patate) ed alla rarefazione della vite, dei cereali e dei legumi, che per secoli hanno caratterizzato il paesaggio agrario locale. Attualmente si nota una maggiore apertura verso il terziario e le attività artigianali.
Le Chiese
Chiesa di San Quintino, costruita in aperta campagna nel 1455 e radicalmente rimaneggiata nel 1863, facendole assumere l’aspetto attuale. Dal 1875 è la chiesa parrocchiale del paese.
Chiesa di San Giuseppe: sita all’interno della mura della Terra, viene menzionata per la prima volta nel 1452 ed è stata la chiesa parrocchiale fino al 1875. Conserva una Madonna del Santissimo Rosario circondata da 15 ovali con i Misteri del Rosario, eseguiti alla metà del XVIII sec. da Giovanni Andrea Coppola (1597-1659) come ex voto del committente, Diego de Tommasi, un San Sabino del 1696 ed una tela con la Madonna del Carmine, eseguita nel 1685 da Niccolò Romano su commissione del rev. don Francesco Antonio Mastroleo.
Chiesa della Beata Maria Vergine Immacolata, eretta nel 1712 quale sede dell’omonima Confraternità.
Sulla costa vi sono la Chiesa dei Santi Medici e la Chiesa della Beata Maria Vergine della Luce (seconda parrocchia dal 1986).
Chiesa della Madonna dell’Alto, situata sulla collina che sovrasta il paese, è stata eretta tra l’VIII e il IX sec. nel sull’omonima collina, che allora apparteneva al feudo di Felline. Narra la leggenda che un marinaio per scampare al naufragio dovuto a una tempesta, avesse invocato la Madonna che gli apparve con un’ancora in mano salvandolo. Questi, grato alla Madonna per lo scampato pericolo, promise la costruzione di 3 cappelle: la Chiesa dell’Alto di Felline, la Chiesa della Campana di Casarano e la Chiesa del Casale di Ugento. La festa della Madonna dell’Alto si svolge la prima domenica dopo Pasqua.
Dalle Relazioni delle Visite Pastorali, svoltesi ad Alliste a partire dal 1452, risulta che esistevano altre quattordici chiese, che ora tutte scomparse: doveva trattarsi in realtà di semplici cappelle di proprietà privata, sia urbane che extraurbane, di proprietà privata, alle quali venivano legati dei benefici ed erano spesso rette da cappellani. In cambio della costruzione e dei benefici i fondatori di tali chiese si assicuravano la celebrazione di un certo numero di messe in suffragio della propria anima.
Lo Stemma
Lo Stemma di Alliste rappresenta le ali di un cherubino, sulle quali poggia una A maiuscola romana ed è sormontato da una corona ducale, dopo che nel 1648 a Francesco Pignatelli venne conferito il titolo di duca. Il Gonfalone, partito di bianco e di azzurro, è caricato dall’arme sopradescritta.
Documento redatto a cura dello storico Prof. Antonio Pizzurro